Errore 4.0 #6 – Mi installeranno una scatola magica che renderà la macchina 4.0

Eccoci agli “Errori 4.0” con il 6° episodio della serie, intitolato La Scatola Magica.

Nel corso degli anni abbiamo visto affacciarsi diversi settori merceologici al Piano Nazionale industria 4.0. Si tratta di settori che hanno potuto cogliere l’occasione presentata dalle agevolazioni introdotte per l’ammodernamento dei propri processi produttivi.

Il primo settore interessato è stato quello industriale inteso nel senso manifatturiero che, in definitiva, è stato il settore per cui il piano nazionale industria 4.0 è stato inizialmente elaborato. Infatti nella lista che riporta le categorizzazioni dei macchinari agevolabili per lo più si trovano riferimenti a torni, frese, tagli laser, presse, punzonatrici e così via.

Si è poi affacciato il settore medicale e sanitario anche grazie ai chiarimenti introdotti dalla Circolare 1 marzo 2019 n. 48160 (la cosiddetta Circolare Sanità 4.0) e che ha sdoganato l’agevolabilità di macchine quali le risonanze magnetiche, le TAC e, in generale, i sistemi di diagnostica per immagini e quelli di laboratorio.

Il 2020 ha poi segnato una svolta in quanto il passaggio dall’iperammortamento al credito d’imposta ha aperto le porte anche alle aziende agricole alla fruizione delle agevolazioni, fino a quel momento precluse per via della struttura fiscale delle aziende del settore che tipicamente presenta un reddito domenicale, incompatibile con il beneficio delll’Iper ammortamento previsto inizialmente dal piano nazionale Industria 4.0.

Questo ovviamente ha scatenato l’interesse degli acquirenti e, a ruota, dei rivenditori e dei produttori di macchinari agricoli.

Il settore in questo caso però era meno preparato a rispondere ai requisiti tecnici richiesti per poter accedere alle agevolazioni di legge.

Le motivazioni che noi individuiamo risiedevano sia nella dimensione tipica dell’azienda agricola italiana, sia per l’esigenza e cultura lavorativa legata all’operatività quotidiana. Inoltre, non essendo presente una domanda molto spinta, anche le proposte tecnologiche dei vari produttori languivano ovvero erano presenti ma non capillarmente diffuse o promosse.

La presenza di agevolazioni ha destato l’interesse da parte dei potenziali acquirenti anche verso quelle soluzioni tecnologiche usualmente più costose che non erano state fino a quel momento oggetto di particolare attenzione.

Il rovescio della medaglia era rappresentato dal fatto che i produttori, che avessero iniziato da qualche tempo a percorrere il sentiero della tecnologia e della comunicazione tra macchinari e azienda, si trovassero per così dire ben piazzati sul mercato, per alcuni mancavano in definitiva pochi passi per poter uscire sul mercato con delle proprie proposte strutturate e appetibili, per diversi altri invece il mercato sembrava inaccessibile in quanto sprovvisti delle soluzioni tecnologiche richieste per adeguarsi ai requisiti.

È opportuno poi tenere conto che i requisiti di riferimento erano rimasti quelli del settore manifatturiero, da cui il settore agricolo differiva totalmente per modalità organizzative, modalità operative, struttura fiscale, mentalità, processi produttivi, stagionalità e così via.

È stata quindi redatta una prassi di riferimento, la UNI PdR 91:2020, ossia le linee guida per l’interpretazione dei requisiti di legge nel settore dell’Agricoltura di precisione, redatta da un tavolo di esperti del settore sotto la direzione di un consulente del MiSE.

Diversi produttori hanno optato per affidarsi a fornitori esterni che potessero aiutarli a colmare le lacune che li separavano dal soddisfacimento dei requisiti tecnici per i loro prodotti inseriti nei processi produttivi dei loro acquirenti.

Nel settore agricolo questo, in linea molto generale, poteva coincidere con l’installazione a bordo delle macchine agricole di sistemi di comunicazione tra il macchinario e un portale messo a disposizione dal fornitore da cui fosse possibile inviare programmi di lavoro alla macchina, monitorarne l’avanzamento della produzione, raccogliere informazioni relative alla sensoristica a bordo e alle telemetrie.

Il lato positivo dell’installazione di questi cosiddetti kit 4.0 è quello di poter tener sotto migliore controllo le prestazioni delle macchine, il lato negativo è che spesso ci troviamo di fronte a un’integrazione piuttosto superficiale delle funzionalità della macchina.

Perché Errore 4.0?

Dal nostro punto di vista, affinché i dati scambiati tra operatori e macchine, tra azienda e macchinari, risultino utili per migliorare la capacità produttiva aziendale, la competitività, la redditività, questi devono essere strettamente correlati al processo produttivo.

Quello a cui diverse volte assistiamo è invece uno scambio dati formalmente soddisfacente per quanto riguarda il mero requisito tecnico di legge, tuttavia di scarso o nessun valore ai fini agronomici.

È presente da parte di alcuni acquirenti una sorta di aspettativa di un sacro Graal, di una sorta di scatola nera onnipotente che, una volta installata su un macchinario e auspicabilmente a pochi euro, lo tramuti in un sistema all’avanguardia in grado di soddisfare perfettamente qualsiasi requisito di legge, con buona pace di quelle aziende e da anni investono in tecnologia, in portali di scambio dati strutturati a prezzi non sempre accessibilissimi.

Da parte nostra ci troviamo spesso davanti a un bivio in cui, dovendo dare un’opinione in merito al soddisfacimento dei requisiti di legge e anche alla qualità del soddisfacimento di questi requisiti, la risposta può variare notevolmente a seconda che lo si veda dal punto di vista del perito chiamato a verificare la corrispondenza ai requisiti di legge e alla loro interpretazione, oppure che dal punto di vista del consulente di innovazione di processo interessato parecchio anche all’impatto che i dati e la loro elaborazione possono avere sul miglioramento del processo produttivo aziendale.

Questo per dire che secondo noi non esiste una scatola magica che applicata a qualsiasi macchinario lo tramuti in un macchinario 4.0. Questo perché la bontà di un kit dipende molto da quale sia il macchinario di partenza, da come si stato sviluppato, da quale sensori lo equipaggino, dalle potenziali predisposizioni che già presenti, dal tipo di funzionalità che già lo contraddistinguano e dal tipo di lavorazione in cui sia impiegato.

Abbiamo quindi esperienza di kit che interagiscono in maniera davvero superficiale con le macchine su cui sono installati e che forniscono dati che presentano scarso valore aggiunto ma che permettono di ottenere l’agevolazione 4.0 del bene su cui sono installati. Va notato come, in alcuni casi una volta esaminata la tematica con attenzione, emergano dei dubbi interpretativi sulla reale rispondenza ai requisiti.

Per intenderci e per cercare di esplicitare il concetto anche estremizzandolo, è possibile sicuramente installare un fantastico kit 4.0 su un qualsiasi bene, ma, se questo bene non dovesse rientrare nelle categorizzazioni dettate dalle specifiche di legge, non risulterà comunque agevolabile.

Certamente il settore agricolo presenta delle spiccate peculiarità rispetto ad altri settori e sicuramente al momento ci sono delle lacune per quanto concerne l’interoperabilità fra i sistemi proposti dai diversi produttori.

L’ISOBUS ossia il protocollo di comunicazione fra macchinari agricoli presenta certamente dei limiti strutturali; non sono molto diffusi dei software di gestione della produzione cioè i cosiddetti FMIS (Farm Management Information System, gli equivalenti dei sistemi MES in ambito industriale) per cui c’è ancora diversa strada da percorrere per un ulteriore innalzamento del livello tecnologico del settore.

Tuttavia nel lungo periodo riteniamo che verranno premiate quelle aziende che avranno voluto investire in un reale avanzamento tecnologico del proprio processo produttivo, al di là di scatolette magiche che promettono di dare l’accesso alle agevolazioni senza poi fornire anche dei dati di valore sulla cui analisi, elaborazione e utilizzo basare la propria crescita e sviluppo.

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