Il dilemma del Dottor Jekyll (Perito 4.0) e Mister Hyde (Consulente di innovazione)

“Come migliorare i benefici dell’incentivo Industria 4.0 con la consulenza”.

Dal 2017 in avanti il tema della digitalizzazione e innovazione dei processi produttivi è di fatto un’equivalenza con Industria 4.0 e poi con Transizione 4.0, passando per Impresa 4.0.

Questo poiché in Italia l’entità delle agevolazioni fiscali previste per investimenti principalmente in beni materiali, ossia macchinari e sensoristica, è stata altissima mentre gli investimenti in beni immateriali hanno avuto una sorte leggermente diversa in quanto le entità del agevolazioni sono sempre state molto minori con l’unica eccezione del 2022 in cui, con un decreto retroattivo (pertanto senza eccessivo spazio per una programmazione preventiva degli investimenti) da metà anno, le agevolazioni sui software erano state innalzate al 50%.

Le agevolazioni previste per i macchinari che arrivavano fino al 40% o al 50% del valore dell’investimento hanno fatto sì che l‘attenzione si spostasse sulle macchine invece che in maniera onnicomprensiva su una innovazione del processo in sé, considerando in questo anche l’organizzazione aziendale e la gestione delle competenze delle risorse umane.

La struttura degli incentivi di Industria 4.0/Transizione 4.0 è sostanzialmente legata al rispetto di alcuni requisiti tecnici che hanno un valore per così dire “istantaneo” e non documentano un percorso di miglioramento dell’azienda o un suo percorso di crescita nell’ambito dell’innovazione, bensì fissano in un momento preciso nel tempo, coincidente con l’autocertificazione o la perizia, il possesso dei requisiti funzionale alla fruizione dell’agevolazione fiscale. Questi requisiti vanno comunque poi mantenuti durante tutto l’arco della fruizione dei benefici fiscali a essi correlati.
Il fatto che l’erogazione dell’incentivo non sia legata a una constatazione o una documentazione dall’avvenuto miglioramento del processo produttivo àncora i benefici fiscali alla primigenia idea di spingere le aziende italiane a rinnovare il proprio parco macchine, ma purtroppo non può così tenere in considerazione il fatto fondamentale che il rinnovo del parco macchine avesse dovuto portare con sé anche un’innovazione del processo produttivo e un suo miglioramento.

È anche vero che l’impiego di un nuovo macchinario porta con sé delle esigenze di ristrutturazione dal punto di vista software, per esempio introducendo un software CAD/CAM, un MES, un MOM, come pure un cambio di mentalità e predisposizione da parte degli operatori che questo nuovo macchinario utilizzano.

Diciamo che probabilmente la legge puntava anche su questo effetto indotto, senza tuttavia esplicitarlo o legarlo all’erogazione degli incentivi fiscali.

Se ciò dovesse essere vero, è anche vero però che diverse aziende non hanno compiuto questo ulteriore passo, vuoi per motivi meramente organizzativi o vuoi per motivi economici nel senso che non hanno poi investito granché né in software né nella formazione dei propri addetti.


Nell’ambito delle proroghe e delle modifiche agli incentivi, abbiamo visto l’innalzarsi, purtroppo sporadico e limitato nel tempo , delle relative aliquote agevolative dei software funzionali alla produzione, progettazione e logistica, per esempio, come pure degli incentivi per la Formazione 4.0. Tuttavia questi incentivi hanno avuto vita non lunghissima e dalla nostra esperienza non sono stati colti dalla stragrande maggioranza delle aziende.

In diverse occasioni che abbiamo avuto modo di vedere da vicino, tutto questo ha portato a un disallineamento tra i risultati auspicati dalla legge e la realtà aziendale, nel senso che da un punto di vista formale i requisiti di legge sono verificati e l’azienda coerentemente con questo continua a utilizzare in qualche modo il paradigma 4.0 e a mantenerne attivi i requisiti (tema questo importante che vi segnaliamo di approfondire qui per esempio), nonostante ciò, ad un esame più approfondito, si potrebbe ravvisare che l’impatto di questa modalità nuova di lavoro ha portato un beneficio piuttosto limitato al processo aziendale e che il vantaggio derivante dall’investimento sia stato meramente fiscale.

Da questo nasce quella sindrome del Dottor Jekyll e Mister Hyde che ci colpisce durante i nostri progetti di digitalizzazione e innovazione focalizzati su Transizione 4.0 cioè il fatto che quando ci mettiamo il cappello di “periti 4.0” e dobbiamo constatare e documentare il rispetto dei requisiti 4.0 possiamo giungere alla fine del progetto con successo; se però al medesimo tempo dovessimo indossare il cappello dei consulenti di innovazione di processo allora dovremmo ravvisare, per esempio, che non viene fatta alcuna analisi dei dati prodotti dallo scambio informativo tra il macchinario e gli altri settori aziendali, non producendo così ulteriore valore, oppure che le interfacce di utilizzo non sono così user friendly da poter migliorare ulteriormente l’interazione uomo macchina e ottimizzare per esempio le tempistiche operative. Magari potremmo ravvisare una ridondanza tra le informazioni presenti nel sistema informativo e le informazioni cartacee che continuano a circolare tra ufficio progettazione e reparto produzione, provocando una duplicazione delle informazioni e una loro resa non ottimale, oppure una certa farraginosità dello scambio dati dovuto all’utilizzo concorrente di piattaforme non omogenee che richiedono la conversione dei dati da una piattaforma all’altra con il rischio di qualche perdita nel trasferimento oppure il fatto di dover fare riferimento a una piattaforma software specifica per ogni macchina, tema accettato dalla legge ma sicuramente lontano da un’efficienza operativa consolidata a livello aziendale.

Ci permettiamo quindi di citare un paio di casi esemplificativi, presi dalla nostra esperienza, uno all’ opposto dell’altro.

Caso 1

L’azienda acquista un nuovo macchinario 4.0, installa un software di gestione della produzione e utilizza un CAD/CAM per inviare i file post-processati alla macchina mediante la rete LAN aziendale, gestendo poi gli ordini di produzione attraverso un software mes.

Dal punto di vista dei requisiti 4.0 le verifiche risultano positive in quanto l’azienda ha provveduto a implementare correttamente quanto di sua competenza per raggiungere gli agognati “5 + 2 di 3” requisiti.

Abbiamo poi risentito l’azienda dopo un paio di mesi per constatare quale impatto la nuova macchina avesse avuto sul loro processo.

L’azienda ci comunica la propria delusione rispetto all’impatto che questo nuovo acquisto ha avuto sul loro processo produttivo, dicendoci che mentre una volta per fare una determinata lavorazione impiegavano circa un’ora, adesso con la nuova macchina e il software installato ci voleva praticamente il doppio del tempo per avere i medesimi risultati di prima.

Incuriositi da questa situazione abbiamo deciso di approfondire, appunto indossando il cappello di “consulente” e non più quello di “perito 4.0”.

Quello che è emerso dai nostri approfondimenti è che l’operatore della nuova macchina non era stato formato adeguatamente né rispetto all’utilizzo della macchina stessa né rispetto ai cambiamenti introdotti nel processo di progettazione e produttivo e, in sintesi, quello che capitava è che l’operatore non utilizzava il file post-processato che gli arrivava dall’ufficio tecnico ma rifaceva a mano, a bordo macchina, tutto il programma per la lavorazione con tutti i possibili errori in cui poteva incorrere e le tempistiche dilatate.

In questo modo ovviamente il suo lavoro non solo non era efficiente ma addirittura rendeva inefficiente anche quello del suo collega dell’ufficio tecnico che praticamente lavorava per niente, vanificando in questo modo anche l’investimento in un software dedicato.

A questo punto abbiamo suggerito di dedicare degli interventi formativi specifici all’operatore sia per quanto concerne l’utilizzo della macchina in sé, sia e soprattutto per illustrare il nuovo processo di programmazione della produzione che era stato implementato e migliorare (instaurare in questo caso) la necessaria sinergia tra ufficio progettazione e reparto produzione.

Dopo un paio di mesi abbiamo provato a risentire l’azienda che sinteticamente ci ha comunicato “Adesso la lavorazione la facciamo in mezz’ora”.

Caso 2

L’azienda ha investito in diverse tipologie di macchinari 4.0.
L’obiettivo dell’azienda, oltre a fruire delle importanti agevolazioni fiscali, era dichiaratamente quello di guadagnare competitività e migliorare la propria marginalità nel suo settore, quello delle lavorazioni meccaniche di precisione.

Oltre agli investimenti in macchinari l’azienda ha quindi investito in un sistema di interfacce uomo-macchina per uniformare e rendere quanto più omogenee possibili le interazioni tra gli operatori e le macchine.

Inoltre, con i dati rilevati dalle macchine, ha potuto tracciare con precisione le tempistiche di lavorazione divise per tipologia e per macchina, monitorare l’efficacia e l’efficienza degli operatori, verificare gli stati di funzionamento delle macchine e i loro eventuali fermi.

Questo ha portato all’individuazione di diversi KPI ed OEE che hanno contribuito a permettere l’ideazione e la pianificazione di alcune strategie per migliorare il proprio processo produttivo e di mettere in pratica degli interventi di efficientamento delle macchine come pure di individuare quali fossero gli operatori più efficienti per le diverse tipologie di lavorazione, organizzando poi dei momenti formativi per gli altri operatori in modo da innalzare il livello globale di efficienza del reparto produzione oltre che di intervenire per migliorare la comunicazione fra i diversi reparti tra di loro e con l’ufficio tecnico.

Sicuramente in questo tipo di approccio quello che varia è la cultura aziendale, il settore specifico di riferimento, la portata degli investimenti, la capacità economico-finanziaria di investire ulteriormente, tuttavia di base si parte da una medesima situazione in cui ci sono degli investimenti in macchinari e in software, pertanto i potenziali dati a disposizione nei due casi sono molto simili, quello che poi cambia è il lavoro di raccolta, sistematizzazione, analisi dei dati per arrivare a delle metriche e, sulla base dell’analisi di queste, pervenire a delle decisioni strategiche da mettere in campo per migliorare proprio assetto organizzativo, cosa che sovente viene trascurata focalizzandosi solo sulla tecnologia messa a disposizione dai nuovi macchinari e, appunto, sulle agevolazioni fiscali che questi investimenti portano.


Conclusioni

Da queste esperienze vorremmo evidenziare i seguenti fattori:

  1. L’attenzione eccessiva ai requisiti tecnici dell’incentivo, a discapito di una visione più ampia dell’innovazione applicabile in azienda.
  2. La mancanza di investimenti in beni immateriali, come software e formazione.
  3. La mancata integrazione tra i diversi sistemi informativi aziendali.
  4. Il mancato utilizzo dei dati generati da macchine e sistemi aziendali per estrarre ulteriore valore per l’azienda.

Il contributo di esperti del settore può essere importante e a volte determinante.

Ci sono “periti 4.0” che effettivamente non possono o non riescono ad essere altro che “periti 4.0”, spesso però dietro la facciata di “perito 4.0” si cela un consulente che potrebbe aiutare in maniera molto maggiore il miglioramento dell’azienda.

Sovente l’azienda non fa il passo ulteriore per scoprirlo e spesso anche il professionista si auto-confina dentro un perimetro in cui probabilmente è più comodo rimanere.

In definitiva quindi il nostro suggerimento per le aziende e per i professionisti è di provare a fare insieme un ulteriore passo avanti sviscerando alcuni temi che vadano oltre i meri requisiti tecnici necessari per fruire delle agevolazioni ma che coinvolgano il proprio processo produttivo in maniera più ampia per individuare potenzialità di miglioramento e pensare a qualche modo per implementarle.

Questo anche per avere a disposizione sia il Dottor Jekyll che Mister Hyde allo stesso tempo.

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